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È morto Nick Cave
11/11/2022
Ciao,
immagina che un’amica ti mandi questo messaggio su WhatsApp:
Ci credi? Beh dipende, ad esempio dall’affidabilità, dalla credulità o dal gusto per l’umorismo nero della tua amica.
Ma c’è un fatto interessante, e anche un po’ inquietante: se invece la tua amica su WhatsApp ti avesse mandato questo messaggio:
allora ci avresti creduto con molta più facilità.
Il testo è sempre lo stesso: “È morto Nick Cave”. In più ora c’è solo una foto, di Nick Cave.
Non ti preoccupare, mentre scrivo questa mail non c’è alcuna notizia ufficiale della sua morte.
Dicevo.
In uno studio del 2012 la psicologa Eryn Newman e i suoi colleghi hanno mostrato che basta una foto a farci sembrare più vera una notizia, avere la foto di Nick Cave ci rende in qualche modo più facile immaginare la notizia che viene riportata su di lui (fonte).
Oltre che sulla presunta morte di Nick Cave, questo effetto è stato osservato su affermazioni meno macabre come:
Quando queste frasi erano corredate da una foto, le persone semplicemente ci credevano di più.
Te lo dico solo perché poi non segui il resto del ragionamento: le giraffe possono saltare anche se non lo fanno spesso.
Dicevo.
Nessuno si fiderebbe di una notizia scritta in Comic Sans (a tal proposito, ti segnalo l’articolo Why we hate Comic Sans, solo per veri nerd).
Un’affermazione fatta e firmata da Chiara Rossi sarà considerata più vera di una fatta e firmata da Giangilberto Monterubbianesi.
Oltre alla cosiddetta fluidità cognitiva, uno dei fattori che più contribuisce a farci apparire vera un’affermazione è la familiarità: per rendere una notizia familiare basta davvero poco, bisogna ripeterla tante volte.
A proposito dell’uso della fluidità cognitiva e della familiarità nella propaganda, Adolf Hitler nel Mein Kampf scriveva:
Ci siamo quasi, faccio un breve riassunto e chiudo.
Quando ci troviamo davanti una notizia e dobbiamo decidere se è vera, nella maggior parte dei casi non facciamo accurate ricerche on-line ma ci affidiamo al nostro intuito.
Il nostro intuito, però, come abbiamo visto, basa la sua valutazione sulla fluidità cognitiva con cui elaboriamo l’informazione e la sua familiarità e abbiamo visto che manipolare la fluidità e la familiarità di una notizia è abbastanza semplice.
Ecco perché le fake news, le notizie false, circolano così facilmente: spesso sono create ad arte per ingannarci, e ci riescono.
Le fake news sono sempre esistite ma negli ultimi tempi ce ne sono di più: secondo uno studio del 2016, ad esempio, oltre il 50% delle notizie mediche che circola su Facebook è falsa e il tarassaco, purtroppo, non cura il cancro (fonte).
Sembra di sì.
Diversi gruppi di ricerca nel mondo stanno sviluppando programmi per aiutarci a difenderci dalla disinformazione.
Il gruppo di ricerca Scuola Digitatale dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ad esempio, ha come obiettivo proprio quello di contrastare la disinformazione in età scolare.
Con questo obiettivo in mente, proporrà, a partire da gennaio 2023, un’attività agli istituti secondari di secondo grado del Nord Italia che sono interessati.
Sì, mi sembra un’attività di ricerca interessante e importante.
Ora, come in un libro game…
… se non sei un docente, puoi guardarti questo video in cui alcuni ricercatori e ricercatrici del gruppo Scuola Digitatale raccontano, partendo da una falsa notizia molto antica, cosa sono fake news e come contrastarle:
… se invece sei un docente, potrebbe interessarti sapere che a ogni classe che parteciperà all’iniziativa verranno proposti 2 incontri da un’ora ciascuno in cui verranno presentati 3 protocolli per insegnare a valutare le notizie che circolano online:
La partecipazione al progetto è gratuita ed è integrabile nei programmi di Educazione Civica e Cittadinanza Digitale.
Ora sì.
Alla prossima, Diego
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Quell’equazione che così tanto spaventava è in realtà soddisfatta per qualsiasi valore di x
Qualsiasi sia stata la tua risposta, quindi, era giusta
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